La Storia del Gould
Si dà il caso che mia moglie, in gioventù, studiasse alla facoltà di Biologia dell’Università di Torino, poi quando nacque nostra figlia e, pur mancando solo tre esami alla laurea, sospese gli studi. Dopo un bel pò di anni decise di laurearsi e all’inizio degli anni novanta, mentre preparava gli ultimi esami andò a chiedere la tesi. Il professor Pietro Passerin d’Entrèves, docente di zoologia, le propose alcuni argomenti, ma ad un certo punto le chiese: “Cara signora in casa, oltre a cani e gatti, avete qualche animale un po’ diverso?” Lei rispose: “Mio marito da venti anni alleva Diamanti di Gould.” “Lo sa che John Gould è stato Accademico della Reale Università di Torino e che la Biblioteca storica del Museo di Scienze Naturali possiede rari documenti, difficilmente reperibili altrove?” Detto fatto la tesi fu assegnata!
Un breve estratto di questa tesi, con una tavola raffigurante il Diamante di Gould a testa nera, dall’originale di “Birds of Australia”, è presente nel libro “Il Diamante di Gould”, del dottor Eduardo Corsini. Riuscii anche io ad ottenere il permesso di consultare i testi storici e da quel giorno scoprii il mondo in cui visse John Gould e tutti gli scienziati che con il nostro volatile ebbero a che fare.
I libri che consultavamo non potevamo toccarli e le pagine venivano girate da un inserviente che indossava i guanti. Partimmo dal “Voyage au Pole Sud” di Hombrom e Jacquinot, cui va la scoperta dell’uccellino, che anni dopo chiameranno Poephile admirable, alle “Iconographie Ornitologique” di Des Murs, lo scienziato che curava le collezioni del Museo di Storia Naturale di Parigi, cui furono portati gli esemplari catturati in Australia. Quasi completa è l’opera di John Gould “The birds of Australia”; centinaia di meravigliose litografie alte 55 cm. e larghe 40 cm. disegnate, stampate e colorate a mano in modo maniacale. Il loro valore supera il milione di euro! Poi “Die Singfogel” di H.G.L. Reichenbach, colui che propose, secondo me giustamente, il genere Chloebia, come monotipico intermedio fra i generi Lonchura ed Erythrura, e i altri volumi ancora. Per meglio chiarire il discorso che sto facendo, il lettore troverà, per completezza, allegate tavole e fotografie.
Vediamo quindi cosa penso sia accaduto al Diamante di Gould dalla sua scoperta ai nostri giorni. Nel 1833 viene scoperto da Hombrom e Jacquinot nella baia di Raffles, situata nel vasto golfo di Carpentaria, nella parte Nord dell’Australia. Gli esemplari catturati erano a testa rossa ed a testa nera. I testa rossa vennero considerati adulti ed i testa nera giovani della stessa specie. Imbalsamati furono portati al Museo di Storia Naturale di Parigi e li per qualche anno nessuno decise di dargli un nome scientifico. Nel 1838 John Gould parte dall’Inghilterra, a bordo di un brigantino, con la moglie Elizabeth, poco più che trentenne, sei figli, e due servitori. Dopo un viaggio di quattro mesi, raggiungono la Tasmania, dove viveva un cognato. Durante il soggiorno percorrendo quel continente cattura alcuni testa nera che descriverà alcuni anni dopo nel “Birds of Australia”. Nel 1842 John Gould crea il genere Poephila, prendendo come typus generis il Diamante codalunga, denominato Poephila acuticauda. Lo stesso anno, viste le forti somiglianze strutturali Hombrom e Jacquinot chiamano il Diamante di Gould, in francese, Poephile admirable.
Poco prima, nel 1840, era morta, di febbre post parto nel dare alla luce il settimo figlio, Elizabeth. Il marito, che sapeva di avere fra le mani un fuoriclasse del mondo alato, volle dedicarlo a lei, che, al contrario del marito che inizialmente faceva l’imbalsamatore, era una ottima disegnatrice e litografa e lo aveva coinvolto nel mondo del disegno naturalistico. Nel 1844 presentò il testa nera alla Società zoologica come Amadina gouldiae (Amadina della signora Gould) bruciando sul tempo Des Murs che nel 1845 presentò il testa rossa come Poephila mirabilis. Riconosciuta una unica specie il termine, “gouldiae” era salvo. Già nel “Birds of Australia” le due varietà compaiono rispettivamente con la denominazione di Poephila gouldiae, il testa nera, e Poephila mirabilis, il testa rossa. Infine nel 1862 Reichenbach creò per il nostro estrildide un nuovo genere, “Chloebia” considerandolo diverso dal “Poephila “, dove era stato fino allora classificato, e raggruppò le tre maschere in “Chloebia gouldiae”, trattandosi di varietà di una unica specie.
Oggi si sentono soprattutto dall’Australia delle voci che lo vorrebbero inserire nel genere Erythrura. Già il nome è un controsenso in quanto significa dal greco: “dalla coda rossa”. Infatti tutte le Erythrure hanno la coda rossa, al contrario del nostro Diamante di Gould. Anzi, come provocazione personale, lo toglierei dalla classificazione e lo chiamerei con lo “charmant” termine francese Poephile admirable: ammirarlo, meravigliati in silenzio!
Ma la ghiotta occasione di consultazione dei documenti descritti, oltre a darmi la possibilità di stilare queste brevi note sulle vicende che hanno preceduto l’attuale sistemazione tassonomica del nostro esotico, mi hanno aperto una finestra sulle modifiche fenotipiche che il Diamante di Gould selvatico ha subito nei nostri allevamenti.
Le tavole che ho accluso sono: le due originali dal III volume dei “Birds of Australia” pl. 88 ed 89 edite fra il 1840 ed il 1848 (in alto) e quella tratta da “Foreign finches in captivity” di Arthur G.Butler, disegnata da F. W. Frohawk (a fianco), edita a Londra nel 1899. Queste tavole riguardano un periodo storico in cui i modelli alati erano gli originali visti in Australia, o da essa importati, e l’allevamento intensivo non aveva ancora preso il sopravvento sulla natura. Confrontando questi disegni, accompagnati da meticolosissimi commenti scientifici, con i soggetti del mio allevamento, che pur avevano ottenuto lusinghieri risultati in mostra, mi pareva che quelli fossero più perfetti dei miei per quanto riguardava certi particolari. Lo sguardo mi cadde soprattutto sulla forma della maschera del testa nera e sulla sottile corona nera che circonda il rosso o l’arancio nelle altre due varietà, nonché sulla lunghezza delle timoniere centrali. In alcuni soggetti questi particolari erano abbastanza evidenti in altri, che ad uno sguardo inesperto erano magari più “belloni da mostra”, assai meno. Vediamo quindi come John Gould descrive la forma della maschera del testa nera, che risulta essere quella presentato in Proc. Zool. Soc. part. xii:5 nel 1844 per il riconoscimento della specie. “The adult has the forehead, lores, ear-coverts, and throat deep velvety black; from behind the eye, round the occiput, and down the sides of the neck a mark of verdigris-green, gradually blending into the yellowish green of the upper surface and wings; across the breast a broad band of shinning lilacpurple, below which all the under surface is shinnig wax yellow; tail black; bill flesh-white at the base, tipped with blood-red; feet flesh-colour”.
Mentre si leggeva questo commento si aveva a fianco la tavola rappresentante l’uccello. Come ho già detto queste tavole, di grande formato, oltre che ad essere disegnate con estrema cura, venivano colorate a mano, con colori contenenti particolari sostanze, anche metalliche, quindi ricoperte di gomma arabica. Viste in luce diretta sono impressionanti per la loro brillantezza ed a pochi metri di distanza si ha l’impressione dell’animale vivo. A riprova di quanto sostengo ho accluso la foto della tavola originale tratta dai “Birds of Great Britain” del 1862, impostata da John Gould e disegnata da H. C. Richter, che rappresenta due cardellini (a destra). Una delle poche esistenti al mondo e che ho la fortuna di possedere.
Torniamo alla descrizione e traduco la parte che mi interessa partendo da: “from behind the eye”, per descrivere lo sviluppo del disegno dietro alla maschera nera. “Partendo dall’occhio, girando attorno all’occipite (che come si sa è l’osso che chiude posteriormente il cranio), e giù lungo i lati del collo una colorazione verderame-verde….”. Come si capisce dalla spiegazione e si vede chiaramente dalla tavola, si ha la descrizione di un andamento chiaramente spezzato verso l’occhio. Guardando la tavola dei testa rossa la cosa è evidentissima. Che conclusioni ho tratto? Qualche decennio dopo la sua scoperta, il Diamante di Gould ha cominciato ad essere allevato in Inghilterra, adeguando la selezione ai gusti degli allevatori. Furono privilegiati i testa rossa, perché più appariscenti, ed i testa gialla perché più rari, mentre i testa nera scomparvero quasi completamente, pur rappresentando in Natura oltre il 60% della popolazione. Inoltre venne a mancare il modello selvatico di riferimento, in quanto l’opera “Birds of Australia”, prodotta in sole 250 copie, venne acquistata da nobili ricchissimi ed importanti musei, e scomparve, protetta, nelle loro biblioteche. Fino a che i modelli per le tavole naturalistiche furono i soggetti scoperti in natura od i loro primi successori, la caratteristica tipica della specie è bene evidenziata. Con il passare dei decenni, l’allevamento intensivo, abbagliato dai colori, non avendo più modelli di riferimento e non seguendo i criteri naturali, produceva corone di varia forma fino ad essere assenti del tutto.
Io, come ho detto prima, ho avuto la fortuna di poter mettere gli occhi su quelle tavole. Circa una diecina di anni fa avevo una cinquantina di soggetti. Li ho analizzati ed ho visto che alcuni avevano ancora cenni di quel disegno. Per quanto l’uomo si sia sforzato, i piccolini continuavano a produrre quello che è una caratteristica genetica. Girando in alcune mostre, senza guardare i punteggi, ma solo la forma, la taglia, la salute e il disegno della maschera ho acquistato diversi testa nera, che come ho detto erano preponderanti in Natura. Pochissimi anni di selezione ed i risultati sono visibili nelle fotografie che ho accluso. Potrei aggiungere anche quelle di mutati pastello o blu con le stesse caratteristiche, ma questi, al momento in cui scrivo, stanno completando la muta.
Veniamo ora molto più brevemente al tema delle due timoniere centrali. Come ho detto il Diamante di Gould fu denominato Poephila gouldiae il cui typus generis era il Diamante codalunga (Poephila acuticauda) (a sinistra). Le misure biometriche delle timoniere nelle due specie, descritte nel 1845 da Des Murs in “Iconographie ornitologique” erano praticamente le stesse e molto simili ai Codalunga ancora oggi in cattività, fatta salva la tendenza al gigantismo, per cui, secondo alcuni, i soggetti più grandi sono i migliori.
Penso tuttavia che, sul fatto che queste penne debbano essere le più lunghe possibile, ci aiuta Charles Darwin, di cui ricorre questo anno il bicentenario della nascita. Il territorio in cui vivono i nostri uccellini è letteralmente infestato da serpenti. I Diamanti di Gould tendono a riprodursi in ogni cavità che il territorio offre loro, ad una certa altezza dal suolo, dentro nidi di grossi rapaci, nei fori degli alberi, continuamente visitati dai serpenti; poiché l’attacco avviene di solito da dietro, si crea l’effetto “coda di lucertola”, teorizzato dal grande scienziato evoluzionista. La natura dice che quelli con la coda più lunga hanno più possibilità di fuggire e pertanto li seleziona come riproduttori privilegiati. Il serpentello resta con due piume in bocca, ma l’uccellino è salvo! Quando nei nostri allevamenti privilegiamo un individuo che tende a trasformarsi in un soggetto di forma o posizione, destinato alla gabbia da mostra, domandiamoci: quanto tempo impiega un serpente a catturarlo se fosse libero? Non è più l’uccellino che per millenni, grazie al coraggio di affrontare lunghissime migrazioni stagionali, seguendo i cicli monsonici, fra la costa Nord dell’Australia ed i siti di nidificazione, posti centinaia di chilometri più a Sud, competendo per millenni con tutti i predatori, è giunto, libero, quasi ai nostri giorni. Il Diamante di Gould, scoperto da Hombrom e Jaquinot e descritto da John Gould si può considerare, secondo me, quasi estinto in natura. Però per fortuna i discendenti di quelli esistono in cattività. Se lo slogan della FOI è: ”Allevare è proteggere”, si può indirizzare la selezione verso la forma originale, della quale per fortuna esistono validi disegni naturalistici.
Ripeto, io sono un sostenitore della taglia, ma questa è solo una componente. Il Diamante di Gould selvatico non ha la testa così rotondeggiante, deve essere importante, ma più allungata. Il becco non è a triangolo equilatero, ma a triangolo isoscele, leggermente ricurvo verso il basso. Il petto deve essere ampio, ma poi il corpo si restringe verso la coda. L’inclinazione del corpo rispetto al posatoio è più verticale, in fase di attenzione. Le timoniere centrali più lunghe sia nei maschi che nelle femmine. Mi sembra che John Gould negli scritti e nelle tavole abbia bene illustrato il disegno caratteristico della maschera.
A conferma di quanto sto sostenendo, cioè che i geni arcaici, malgrado un secolo di accoppiamenti fatti sovente a fini commerciali o impostati alla ricerca di sempre nuove mutazioni, sono duri a morire basta cercarli, per fare si che questo gioiello del mondo alato sia sempre la Poephile admirable di Hombron e Jaquinot. L’amabile creatura che John Gould volle dedicare ad Elizabeth e che sia veramente applicato lo slogan FOI: “Allevare è proteggere” !
Un breve estratto di questa tesi, con una tavola raffigurante il Diamante di Gould a testa nera, dall’originale di “Birds of Australia”, è presente nel libro “Il Diamante di Gould”, del dottor Eduardo Corsini. Riuscii anche io ad ottenere il permesso di consultare i testi storici e da quel giorno scoprii il mondo in cui visse John Gould e tutti gli scienziati che con il nostro volatile ebbero a che fare.
I libri che consultavamo non potevamo toccarli e le pagine venivano girate da un inserviente che indossava i guanti. Partimmo dal “Voyage au Pole Sud” di Hombrom e Jacquinot, cui va la scoperta dell’uccellino, che anni dopo chiameranno Poephile admirable, alle “Iconographie Ornitologique” di Des Murs, lo scienziato che curava le collezioni del Museo di Storia Naturale di Parigi, cui furono portati gli esemplari catturati in Australia. Quasi completa è l’opera di John Gould “The birds of Australia”; centinaia di meravigliose litografie alte 55 cm. e larghe 40 cm. disegnate, stampate e colorate a mano in modo maniacale. Il loro valore supera il milione di euro! Poi “Die Singfogel” di H.G.L. Reichenbach, colui che propose, secondo me giustamente, il genere Chloebia, come monotipico intermedio fra i generi Lonchura ed Erythrura, e i altri volumi ancora. Per meglio chiarire il discorso che sto facendo, il lettore troverà, per completezza, allegate tavole e fotografie.
Vediamo quindi cosa penso sia accaduto al Diamante di Gould dalla sua scoperta ai nostri giorni. Nel 1833 viene scoperto da Hombrom e Jacquinot nella baia di Raffles, situata nel vasto golfo di Carpentaria, nella parte Nord dell’Australia. Gli esemplari catturati erano a testa rossa ed a testa nera. I testa rossa vennero considerati adulti ed i testa nera giovani della stessa specie. Imbalsamati furono portati al Museo di Storia Naturale di Parigi e li per qualche anno nessuno decise di dargli un nome scientifico. Nel 1838 John Gould parte dall’Inghilterra, a bordo di un brigantino, con la moglie Elizabeth, poco più che trentenne, sei figli, e due servitori. Dopo un viaggio di quattro mesi, raggiungono la Tasmania, dove viveva un cognato. Durante il soggiorno percorrendo quel continente cattura alcuni testa nera che descriverà alcuni anni dopo nel “Birds of Australia”. Nel 1842 John Gould crea il genere Poephila, prendendo come typus generis il Diamante codalunga, denominato Poephila acuticauda. Lo stesso anno, viste le forti somiglianze strutturali Hombrom e Jacquinot chiamano il Diamante di Gould, in francese, Poephile admirable.
Poco prima, nel 1840, era morta, di febbre post parto nel dare alla luce il settimo figlio, Elizabeth. Il marito, che sapeva di avere fra le mani un fuoriclasse del mondo alato, volle dedicarlo a lei, che, al contrario del marito che inizialmente faceva l’imbalsamatore, era una ottima disegnatrice e litografa e lo aveva coinvolto nel mondo del disegno naturalistico. Nel 1844 presentò il testa nera alla Società zoologica come Amadina gouldiae (Amadina della signora Gould) bruciando sul tempo Des Murs che nel 1845 presentò il testa rossa come Poephila mirabilis. Riconosciuta una unica specie il termine, “gouldiae” era salvo. Già nel “Birds of Australia” le due varietà compaiono rispettivamente con la denominazione di Poephila gouldiae, il testa nera, e Poephila mirabilis, il testa rossa. Infine nel 1862 Reichenbach creò per il nostro estrildide un nuovo genere, “Chloebia” considerandolo diverso dal “Poephila “, dove era stato fino allora classificato, e raggruppò le tre maschere in “Chloebia gouldiae”, trattandosi di varietà di una unica specie.
Oggi si sentono soprattutto dall’Australia delle voci che lo vorrebbero inserire nel genere Erythrura. Già il nome è un controsenso in quanto significa dal greco: “dalla coda rossa”. Infatti tutte le Erythrure hanno la coda rossa, al contrario del nostro Diamante di Gould. Anzi, come provocazione personale, lo toglierei dalla classificazione e lo chiamerei con lo “charmant” termine francese Poephile admirable: ammirarlo, meravigliati in silenzio!
Ma la ghiotta occasione di consultazione dei documenti descritti, oltre a darmi la possibilità di stilare queste brevi note sulle vicende che hanno preceduto l’attuale sistemazione tassonomica del nostro esotico, mi hanno aperto una finestra sulle modifiche fenotipiche che il Diamante di Gould selvatico ha subito nei nostri allevamenti.
Le tavole che ho accluso sono: le due originali dal III volume dei “Birds of Australia” pl. 88 ed 89 edite fra il 1840 ed il 1848 (in alto) e quella tratta da “Foreign finches in captivity” di Arthur G.Butler, disegnata da F. W. Frohawk (a fianco), edita a Londra nel 1899. Queste tavole riguardano un periodo storico in cui i modelli alati erano gli originali visti in Australia, o da essa importati, e l’allevamento intensivo non aveva ancora preso il sopravvento sulla natura. Confrontando questi disegni, accompagnati da meticolosissimi commenti scientifici, con i soggetti del mio allevamento, che pur avevano ottenuto lusinghieri risultati in mostra, mi pareva che quelli fossero più perfetti dei miei per quanto riguardava certi particolari. Lo sguardo mi cadde soprattutto sulla forma della maschera del testa nera e sulla sottile corona nera che circonda il rosso o l’arancio nelle altre due varietà, nonché sulla lunghezza delle timoniere centrali. In alcuni soggetti questi particolari erano abbastanza evidenti in altri, che ad uno sguardo inesperto erano magari più “belloni da mostra”, assai meno. Vediamo quindi come John Gould descrive la forma della maschera del testa nera, che risulta essere quella presentato in Proc. Zool. Soc. part. xii:5 nel 1844 per il riconoscimento della specie. “The adult has the forehead, lores, ear-coverts, and throat deep velvety black; from behind the eye, round the occiput, and down the sides of the neck a mark of verdigris-green, gradually blending into the yellowish green of the upper surface and wings; across the breast a broad band of shinning lilacpurple, below which all the under surface is shinnig wax yellow; tail black; bill flesh-white at the base, tipped with blood-red; feet flesh-colour”.
Mentre si leggeva questo commento si aveva a fianco la tavola rappresentante l’uccello. Come ho già detto queste tavole, di grande formato, oltre che ad essere disegnate con estrema cura, venivano colorate a mano, con colori contenenti particolari sostanze, anche metalliche, quindi ricoperte di gomma arabica. Viste in luce diretta sono impressionanti per la loro brillantezza ed a pochi metri di distanza si ha l’impressione dell’animale vivo. A riprova di quanto sostengo ho accluso la foto della tavola originale tratta dai “Birds of Great Britain” del 1862, impostata da John Gould e disegnata da H. C. Richter, che rappresenta due cardellini (a destra). Una delle poche esistenti al mondo e che ho la fortuna di possedere.
Torniamo alla descrizione e traduco la parte che mi interessa partendo da: “from behind the eye”, per descrivere lo sviluppo del disegno dietro alla maschera nera. “Partendo dall’occhio, girando attorno all’occipite (che come si sa è l’osso che chiude posteriormente il cranio), e giù lungo i lati del collo una colorazione verderame-verde….”. Come si capisce dalla spiegazione e si vede chiaramente dalla tavola, si ha la descrizione di un andamento chiaramente spezzato verso l’occhio. Guardando la tavola dei testa rossa la cosa è evidentissima. Che conclusioni ho tratto? Qualche decennio dopo la sua scoperta, il Diamante di Gould ha cominciato ad essere allevato in Inghilterra, adeguando la selezione ai gusti degli allevatori. Furono privilegiati i testa rossa, perché più appariscenti, ed i testa gialla perché più rari, mentre i testa nera scomparvero quasi completamente, pur rappresentando in Natura oltre il 60% della popolazione. Inoltre venne a mancare il modello selvatico di riferimento, in quanto l’opera “Birds of Australia”, prodotta in sole 250 copie, venne acquistata da nobili ricchissimi ed importanti musei, e scomparve, protetta, nelle loro biblioteche. Fino a che i modelli per le tavole naturalistiche furono i soggetti scoperti in natura od i loro primi successori, la caratteristica tipica della specie è bene evidenziata. Con il passare dei decenni, l’allevamento intensivo, abbagliato dai colori, non avendo più modelli di riferimento e non seguendo i criteri naturali, produceva corone di varia forma fino ad essere assenti del tutto.
Io, come ho detto prima, ho avuto la fortuna di poter mettere gli occhi su quelle tavole. Circa una diecina di anni fa avevo una cinquantina di soggetti. Li ho analizzati ed ho visto che alcuni avevano ancora cenni di quel disegno. Per quanto l’uomo si sia sforzato, i piccolini continuavano a produrre quello che è una caratteristica genetica. Girando in alcune mostre, senza guardare i punteggi, ma solo la forma, la taglia, la salute e il disegno della maschera ho acquistato diversi testa nera, che come ho detto erano preponderanti in Natura. Pochissimi anni di selezione ed i risultati sono visibili nelle fotografie che ho accluso. Potrei aggiungere anche quelle di mutati pastello o blu con le stesse caratteristiche, ma questi, al momento in cui scrivo, stanno completando la muta.
Veniamo ora molto più brevemente al tema delle due timoniere centrali. Come ho detto il Diamante di Gould fu denominato Poephila gouldiae il cui typus generis era il Diamante codalunga (Poephila acuticauda) (a sinistra). Le misure biometriche delle timoniere nelle due specie, descritte nel 1845 da Des Murs in “Iconographie ornitologique” erano praticamente le stesse e molto simili ai Codalunga ancora oggi in cattività, fatta salva la tendenza al gigantismo, per cui, secondo alcuni, i soggetti più grandi sono i migliori.
Penso tuttavia che, sul fatto che queste penne debbano essere le più lunghe possibile, ci aiuta Charles Darwin, di cui ricorre questo anno il bicentenario della nascita. Il territorio in cui vivono i nostri uccellini è letteralmente infestato da serpenti. I Diamanti di Gould tendono a riprodursi in ogni cavità che il territorio offre loro, ad una certa altezza dal suolo, dentro nidi di grossi rapaci, nei fori degli alberi, continuamente visitati dai serpenti; poiché l’attacco avviene di solito da dietro, si crea l’effetto “coda di lucertola”, teorizzato dal grande scienziato evoluzionista. La natura dice che quelli con la coda più lunga hanno più possibilità di fuggire e pertanto li seleziona come riproduttori privilegiati. Il serpentello resta con due piume in bocca, ma l’uccellino è salvo! Quando nei nostri allevamenti privilegiamo un individuo che tende a trasformarsi in un soggetto di forma o posizione, destinato alla gabbia da mostra, domandiamoci: quanto tempo impiega un serpente a catturarlo se fosse libero? Non è più l’uccellino che per millenni, grazie al coraggio di affrontare lunghissime migrazioni stagionali, seguendo i cicli monsonici, fra la costa Nord dell’Australia ed i siti di nidificazione, posti centinaia di chilometri più a Sud, competendo per millenni con tutti i predatori, è giunto, libero, quasi ai nostri giorni. Il Diamante di Gould, scoperto da Hombrom e Jaquinot e descritto da John Gould si può considerare, secondo me, quasi estinto in natura. Però per fortuna i discendenti di quelli esistono in cattività. Se lo slogan della FOI è: ”Allevare è proteggere”, si può indirizzare la selezione verso la forma originale, della quale per fortuna esistono validi disegni naturalistici.
Ripeto, io sono un sostenitore della taglia, ma questa è solo una componente. Il Diamante di Gould selvatico non ha la testa così rotondeggiante, deve essere importante, ma più allungata. Il becco non è a triangolo equilatero, ma a triangolo isoscele, leggermente ricurvo verso il basso. Il petto deve essere ampio, ma poi il corpo si restringe verso la coda. L’inclinazione del corpo rispetto al posatoio è più verticale, in fase di attenzione. Le timoniere centrali più lunghe sia nei maschi che nelle femmine. Mi sembra che John Gould negli scritti e nelle tavole abbia bene illustrato il disegno caratteristico della maschera.
A conferma di quanto sto sostenendo, cioè che i geni arcaici, malgrado un secolo di accoppiamenti fatti sovente a fini commerciali o impostati alla ricerca di sempre nuove mutazioni, sono duri a morire basta cercarli, per fare si che questo gioiello del mondo alato sia sempre la Poephile admirable di Hombron e Jaquinot. L’amabile creatura che John Gould volle dedicare ad Elizabeth e che sia veramente applicato lo slogan FOI: “Allevare è proteggere” !